#CambiamentiClimatici e #COVID-19: Correlazioni, Costi del Mancato Adattamento, Ipotesi di Soluzione



Sono ormai innumerevoli gli incontri tra Stati, Organizzazioni Mondiali, Agenzie Governative e pseudo-Governative, Think-Tank, Associazioni, Fondazioni, e non da meno sono gli #Studi e i #Rapporti che ogni anno numerosi vengono stilati, ma nonostante sembrino tutti convergere sulla necessità di intraprendere azioni concrete per lavorare nella direzione dell'#Adattamento ai #CambiamentiClimatici, non hanno portato fino ad oggi ad alcun vero e serio risultato in termini di avanzamento globale sul tema.

Emblema di tutto ciò è il totale fallimento della COP25 di Dicembre 2019 a Madrid: la conferenza promossa dalle Nazioni Unite sul clima si è conclusa senza decisioni e con un appello del tutto generico e privo di ricadute pratiche. Nonostante due settimane di negoziati i quasi duecento Paesi partecipanti non è stato possibile condividere una posizione chiara e pragmatica, dimostrando che quanto sottoscritto quattro anni fa con l'#Accordo di Parigi rappresenta, di fatto e per ora, poco più di uno scherzo.

Nonostante gli appelli inequivocabili della Scienza ad intensificare e accelerare gli sforzi per affrontare i rischi e gli effetti climatici, come l'innalzamento del livello del mare e la moltiplicazione di fenomeni estremi come afa, siccità, alluvioni, inondazioni e tempeste; nonostante sia confermata anche una relazione tra il diffondersi di epidemie su scala globale e l’aumento delle temperature e degli eventi estremi prima citati, determinati da un clima sempre più caldo e instabile, che sta giocando un ruolo rilevante nel determinare la comparsa, il ritorno e la redistribuzione a livello mondiale di malattie infettive; sappiamo ormai che, al ritmo attuale delle emissioni, la temperatura globale aumenterà di 4 o 5 gradi alla fine del secolo con il raggiungimento del punto di non ritorno tra gli 1,5 e i 2 gradi centigradi prevista tra il 2030 e il 2050.

Se tutto ciò non bastasse, in questi giorni di crisi pandemica, in cui intere nazioni come l'Italia stanno affrontando veri e propri sconvolgimenti dovuti al contagio da #COVID-19, sembra del tutto tramontata e messa da parte la sfida per l'#Adattamento ai #CambiamentiClimatici. 

Eppure, per quanto già detto, sarebbe un grosso errore pensare che questi due temi siano non interrelati fra loro o che l'uno abbia una priorità rispetto all'altro, ma ancora una volta di fronte a problemi inediti, anziché ragionare sull'intero quadro delle cause di tali problemi, le Istituzioni continuano a ragionare con vecchie teorie e ideologie, vecchi schemi e vecchi strumenti.

Piuttosto sarebbe estremamente opportuno considerare la crisi attuale come un sintomo di quella vera, ossia quella climatica, evitando di rischiare, all'interno di un clima di incertezza come questo, di confondere i fini con i mezzi, ma bensì pervenire alla formulazione di #Politiche corrette e prendere #Decisioni robuste ed efficaci.

Inquadrando dunque la #Crisi secondo l'#Analisi e la ricomposizione del #QuadroDescrittivo e valutativo globale,posto a base delle #Strategie, dei #Piani e dei #Progetti sia a livello documentale, sia a livello operativo per quelli già avviati, è possibile identificare tempestivamente i mutamenti delle condizioni al contorno che avevano fatto da guida alle scelte strategiche, pianificatorie e progettuali precedentemente validate.

Si rende necessario quantomai affrontare questa #SituazioneProblematica attraverso #AnalisiGenerali di alto livello adattandone sempre e sapientemente il #QuadroApplicativo ai vari #ContestiLocali e all'interno di una solida cornice di #Pianificazione Economica e Territoriale.

Nel contesto delicato di una vasta isola poco popolata e posta al centro del Mediterraneo come la #Sardegna, che dal punto di vista delle strategie e delle politiche ha subito le teorie dello sviluppo industriale degli anni '60 e '70 prima e gli schemi analitici e relazioni soluzioni operative Comunitari dagli anni '90 in poi (la cui sostanziale inefficacia è dimostrata dai deludenti indicatori socio economici ed ambientali attuali) è necessario più che mai recuperare il tempo perduto.

Tale esercizio è fondamentale al fine di comprendere se le stesse sono ancora valide, se sia necessario definirne di nuove, ma, soprattutto, per terminare tempestivamente quei progetti che, se prima potevano essere appropriati, ora possono rappresentare un dispendio di risorse economiche ed energie non più accettabile o, peggio, essere del tutto controproducenti.


Tale compito non è facile perché, come mi accingo a far notare, più ci si avvicina alle scadenze naturali che il tracollo degli #Ecosistemi ci impone, più il rumore di fondo si fa assordante e rende difficile comprendere quale sia l'affidabilità dei soggetti in campo e, di conseguenza, delle informazioni dagli stessi veicolate.

A tal proposito cito il Rapporto pubblicato dal Global Center on Adaptation (GCA)un'Agenzia con sede a Rotterdam e con un centro di ricerca a Groningen e che rappresenta il braccio operativo della Global Commission on Adaptation copresieduta dell'ex Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, da Bill Gates (Microsoft) e da Kristalina Georgieva (Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale), che mette in luce le seguenti due questioni: 
  1. innanzitutto l'incremento degli investimenti per politiche e progetti di #Adattamento è più che mai di centrale importanza; 
  2. secondariamente è necessario svolgere uno sforzo poderoso e coordinato a livello globale entro un tempo limitatissimo di 10 anni in quanto gli studi a livello mondiale dimostrano che gli effetti tangibili e devastanti dei #CambiamentiClimatici sono attesi per il 2030 al più 2050
Il GCA è un'Agenzia dichiaratamente costituita per mobilitare le risorse conoscitive e catalizzare il supporto politico necessari ad intraprendere azioni urgenti e di adattamento ai cambiamenti climatici coinvolgendo i Governi locali nella elaborazione e attuazione di Politiche di alto livello e nel fornire assistenza tecnica ai settori pubblico e privato locali soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

Il GCA e anche partner istituzionale principale per il Climate Adaptation Summit ancora previsto il 22 Ottobre 2020 ad Amsterdam. Si tratta del primo e più importante incontro dei Leaders internazionali dedicato interamente al tema dell'#Adattamento e non banale "lotta" ai #CambiamentiClimatici; un approccio emblematico perché proprio l'Olanda rappresenta il campo di sperimentazione e di esportazione di tecnologie e progetti in giro per il mondo. Una realtà nella quale il #ClimateChange non è considerato né ipotetico né un ostacolo all'economia, bensì un fatto e allo stesso tempo una importante opportunità di business.


Il Rapporto dal titolo ADAPT NOW: A GLOBAL CALL FOR LEADERSHIP ON CLIMATE RESILIENCE mette in evidenza nelle proprie conclusioni che un investimento globale pari a 1.8 Trilioni di Dollari entro il 2030 concentrato nelle seguenti 5 categorie, genererebbe un ritorno positivo pari a 7.1 Trilioni con un coefficiente moltiplicatore pari a 3,94:
  1. potenziamento dei sistemi di allerta immediata
  2. aumento della resilienza delle infrastrutture
  3. miglioramento della produzione di coltivazioni in regimi aridi
  4. aumento della protezione delle coste tramite difesa e incremento delle foreste si mangrovie
  5. migliorare la gestione delle risorse idriche 
Il grafico seguente mostra i cinque punti di cui sopra insieme al rapporto benefici-costi. Il Rapporto dichiara che ciascuno di essi contribuisce ad evitare ulteriori danni, ma gli ultimi tre, in particolare, giocano un ruolo fondamentale sia per la loro efficacia aggregata sia per la potenzialità di produrre benefici economici, sociali ed ambientali diretti.

Le cinque linee di azioni fondamentali da intraprendere nel decennio 2020-2030 e relativi indici di rapporto benefici/costi Fonte: https://cdn.gca.org/assets/2019-09/GlobalCommission_Report_FINAL.pdf, p.4


Secondo il Rapporto l'#Urgenza ad #Agire secondo i cinque punti di cui sopra è determinata dal fatto che quella in corso è una delle più grandi sfide che l'umanità si trova ad affrontare in quanto determinerà impatti devastanti e di vasta scala per le #Persone, l'#Ambiente e l'#Economia.

Si tratta di #ImpattiGlobali ma con le peggiori conseguenze proprio per le popolazioni e le economie che meno o per nulla hanno contribuito a causare il problema e che vivono in condizioni di povertà nelle aree più fragili della terra.

La buona riuscita degli sforzi porterebbe ad una migliore crescita e sviluppo basati sulla protezione della natura, la riduzione delle diseguaglianze e alla creazione di nuove opportunità.

Al contrario, il fallimento nella messa in pratica di tali azioni di #Adattamento comporterebbe un diretto ed enorme tributo economico e umano seguito da un diffuso incremento della povertà legata alla compromissione di lungo termine delle prospettive economiche globali.

Sempre secondo il Rapporto entro il 2030, senza un efficacie #Adattamento, ulteriori 100 milioni di persone residenti nei paesi in via di sviluppo verrebbero a trovarsi sotto il livello di povertà, mentre entro il 2050:
  • la crescita dei rendimenti agricoli globali verrebbe depressa fino al 30 per cento, colpendo in particolare 500 milioni di piccole aziende agricole distribuite nel mondo;
  • il numero di persone che potrebbero non avere disponibilità di acqua, almeno per un mese all'anno, potrebbe crescere da 3.6 miliardi attuali a più di 5 miliardi;
  • l'innalzamento dei mari e l'intensificarsi del numero e della violenza degli uragani potrebbe indurre centinaia di milioni di persone ammassate nelle città e megalopoli costiere a lasciare le proprie case, con un costo totale per le aree urbane costiere pari a più di 1000 Miliardi di dollari all'anno.
Di fronte a queste previsioni, chiaramente sintetizzate nei numeri sopra riportati, il costo dei #CambiamentiClimatici appare molto chiaro, tanto che, il Rapporto punta a chiedere un'#Accelerazione della fase di #Adattamento come conseguenza di tre #Imperativi ai quali devono seguire altrettante rivoluzioni per un futuro migliore.

Un'imperativo #Umano, perché ci si trova di fronte alla minaccia reale di un ulteriore esacerbamento delle già esistenti disuguaglianze tra ricchi e poveri e ancor di più le donne che nella maggioranza dei casi hanno poca voce nelle decisioni. Le soluzioni a queste iniquità devono investire anche i sottostanti modelli di potere e le loro dinamiche perché si ritiene inaccettabile un mondo nel quale alcuni potranno adattarsi e sopravvivere mentre altri no.

Un'imperativo #Ambientale, perché l'ambiente naturale rappresenta la prima linea di difesa del genere umano contro inondazioni, siccità, ondate di calore e uragani: un quarto delle specie sta
estinguendosi, circa un quarto dei ghiacciai di montagna e polari sono soggetti a veloce scioglimento; temperatura ed acidità degli oceani sono in continuo incremento; il fenomeno di depauperamento della biodiversità a scala globale è in continua accelerazione.
Nonostante ciò gli autori del rapporto ritengono che ci sia ancora tempo per proteggere e lavorare con la natura per ripristinare livelli di resilienza adeguati e ridurre il rischio a tutte le scale. Ma la finestra temporale si sta chiudendo.

Un imperativo #Economico, perché, laddove le questioni etiche non fossero sufficienti ad agire, procedere immediatamente con la strategia di #Adattamento comporterebbe un forte ed immediato profitto economico in quanto il tasso globale dell'indice di Ritorno sugli Investimenti (ROI) dei progetti previsti è molto alto, con un rapporto benefici-costi che cresce da un minimo di 2:1 fino ad un massimo di 10:1.

Nel caso specifico, come già anticipato, le ricerche svolte dagli Autori indicano che, investendo globalmente una cifra pari a 1.8 Trilioni di dollari nell'arco del decennio 2020-2030, si prevede un ritorno economico totale di circa 7.1 Trilioni di dollari, un risultato definito come #TriploDividendo:
  1. Il #PrimoDividendo è rappresentato dalla capacità dell'investimento di ridurre le perdite future
  2. Il #SecondoDividendo è rappresentato dai vantaggi economici positivi derivanti dalla riduzione del rischio, l'aumento della produttività e la promozione dell'innovazione attraverso la necessità di adattamento; 
  3. Il #TerzoDividendo è rappresentato dai benefici sociali e ambientali.
Ma allo stato attuale, nonostante la necessità di puntare ambiziosamente all'#Adattamento sia chiara, questo non sta avvenendo neanche lontanamente al ritmo e alla scala di azione necessari, perché i rischi e il costo degli impatti climatici non sono ancora adeguatamente presi in considerazione negli schemi Pianificatori, Decisionali e Finanziari da parte di chi è deputato a sviluppare Politiche e Progetti.
Dunque per cogliere i benefici di cui sopra i Paesi del mondo, attraverso i soggetti responsabili di prendere delle decisioni sul futuro, sono chiamati ad attuare delle vere e proprie #Rivoluzioni nei seguenti campi:

#Comprensione del problema
#Rischi che corrono le #Popolazioni e le #Economie, affinché siano "visibili" e possano entrare nel processo decisionale dei soggetti pubblici e privati, devono essere espressi con chiarezza e precisione:

  • chi e che cosa corre dei rischi, 
  • perché e quale costo ne deriva in termini economici e finanziari. 

Per questo è necessario anche chiarire quali siano le opzioni efficaci a cui dare priorità, sostenendo l'apprendimento esperienziale, stimolando le innovazioni provenienti dalla scienza e dalla tecnologia, condividendo soluzioni e guidando nuovi modelli di business e servizi finanziari. In questo, sarà importante considerare tutte le forme di conoscenza, compresa quella che risiede nelle comunità locali e nelle popolazioni indigene da ritenersi la più preziosa.

#Pianificazione
Nel settore pubblico è necessario che si rendano più rapidi i tempi e più accurati i modi con i quali le politiche si formano, le decisioni di investimento vengono prese e le soluzioni vengono implementate: è necessario introdurre a monte l'analisi macroeconomica, lo screening dei rischi, le valutazioni di impatto ambientale, sociale e finanziaria, la valutazione delle autorizzazioni necessarie ad un corretto sviluppo progettuale. Poiché molti impatti dovuti ai cambiamenti climatici hanno ripercussioni valutabili solo localmente, è fondamentale che la Pianificazione si focalizzi verso le realtà che potranno essere più colpite.
Nel settore privato, le aziende di tutto il mondo stanno iniziando a migliorare le attività di #Pianificazione per proteggere le proprie attività dai rischi climatici, ma gli attuali livelli di divulgazione e valutazione del rischio fisico rimangono bassi.
Sia il settore pubblico che quello privato devono imparare a incorporare meglio gli alti livelli di incertezza nel proprio processo decisionale, poiché presto dovranno essere fatte scelte tra opzioni radicalmente diverse, molto prima che si superino gli 1,5° C di temperatura media o ci ci trovi sulla via dei 4° C.

#Finanziamenti
Anche nel campo del finanziamento dei progetti è necessaria una rivoluzione al fine di mobilitare i fondi e le risorse necessari per accelerare l'adattamento in quanto, anche se la necessità e l'obbiettivo sembrano apparire chiari, il denaro non scorre al ritmo e alla scala necessari. Secondo il Rapporto, il #SettorePubblico rappresenta il finanziatore principale per proteggere le persone e fornire i mezzi di sussistenza alle comunità e il fattore abilitante per la mobilitazione dell'impegno finanziario da parte del #SettorePrivato che dovrà aumentare i propri investimenti condividendo sia i costi che i benefici. Infine, nel caso dei Paesi in via di sviluppo si dovranno attivare livelli più elevati di sostegno finanziario internazionale.

Gli estensori del rapporto ritengono che le rivoluzioni di cui sopra se completamente attuate, potranno proteggere dalle catastrofi persone, case e posti di lavoro, nell'ottica di futuro più resiliente nel campo dell'#Agricoltura, dell'#AmbienteNaturale, della gestione delle #RisorseIdriche, delle #Città, delle #InfrastruttureStrategiche e della capacità di attuare una efficace gestione del rischio o meglio #DisasterRiskManagement, come segue:

#Agricoltura
Il rapporto stima che, entro il 2050, la domanda globale di cibo aumenterà del 50 percento mentre le rese potrebbero diminuire fino al 30 percento in assenza di ambiziose azioni per il clima. Un futuro alimentare più resiliente sarà possibile grazie: alla #Ricerca&Sviluppo nel campo dell'agricoltura (che dimostrerebbe un rapporto costi-benefici tra 2: 1 e 17: 1); ad un migliore allineamento delle finanze pubbliche e incentivi per gli agricoltori con una produzione a lungo termine, sostenibile e rispettosa del clima; e un cambiamento graduale nell'accesso alle informazioni, alle tecnologie innovative e ai finanziamenti per migliorare la resilienza di 500 milioni di piccole aziende agricole, i cui mezzi di sussistenza sono e saranno maggiormente colpiti dai cambiamenti climatici.

#AmbienteNaturale
L'ambiente naturale è alla base della #Resilienza delle #Comunità e delle #Economie. Le soluzioni basate sul funzionamento dei sistemi naturali mirano a regolare le dinamiche idriche soprattutto in funzione della protezione delle coste e soprattutto delle #Città rendendosi complementari alle #Infrastrutture esistenti e future. Pertanto la protezione su larga scala e il ripristino della natura richiederanno progressi accelerati per far fronte agli impegni politici esistenti, ad esempio attraverso la Convenzione sulla Biodiversità, aumentando la portata delle risorse pubbliche e private.
Secondo gli autori le cosiddette opere di #Mitigazione possono contribuire fino ad un terzo degli sforzi necessari, a partire da ora e fino al 2030 per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2° C.

#RisorseIdriche
Un adattamento efficace richiederà investimenti su vasta scala per il miglioramento nell'efficienza dell'uso delle #RisorseIdriche, sia a livello di bacini idrografici, sia a livello di #Infrastrutture, integrando nei criteri progettuali i nuovi rischi climatici, come inondazioni e siccità, a tutti i livelli di pianificazione e gestione. Il Rapporto stima che senza un'allocazione e un utilizzo dell'acqua più efficienti, considerati fondamentali per la #CrescitaEconomica, entro il 2050 il #PIL di India, Cina
e Asia centrale potrebbero essere inferiori dal 7 al 12 percento e circa il 6 percento per gran parte dell'Africa sarebbe. Pertanto i Paesi che i quali la gestione delle risorse idriche rivestirà priorità nazionale avranno maggiori probabilità di adattarsi e prosperare.

#Città
Le #AreeUrbane ospitano più della metà della popolazione mondiale e il Rapporto afferma che gli sforzi di adattamento, se ben progettati, possono generare alti ritorni economici. Pertanto, per pianificare e realizzare tessuti urbani più resilienti, è necessario investire nella produzione di dati di base e informazioni credibili sul rischio climatico e sulla capacità tecnica di progettazione e realizzazione delle soluzioni.
Viene stimato che per le #CittàCostiere il costo di un buon adattamento equivarrebbe ad un decimo rispetto all'equivalente dei danni che si verificherebbero se nessuna azione venisse attuata.

#InfrastruttureStrategiche
#Porti, #Aeroporti, #Strade, #Reti di trasporto energetico e di comunicazione, #Acquedotti, #Fognature sono tutti esempi di risorse infrastrutturali fondamentali che possono essere a rischio a causa dei cambiamenti climatici. Il Rapporto afferma che gli investimenti nelle infrastrutture devono essere orientati a rendere più resilienti le infrastrutture esistenti mentre saranno necessarie di nuove sia per far fronte al drenaggio delle acque piovane nelle città sia per proteggere le comunità costiere dall'innalzamento del livello del mare. Gli investimenti dovranno seguire un approccio misto pubblico-privato perché sia i costi che i benefici dell'investimento in infrastrutture resilienti siano equamente distribuiti e perché una visione di insieme può permettere di decidere meglio cosa costruire ex novo e cosa semplicemente rendere maggiormente resiliente, dando priorità alle infrastrutture verdi, ove possibile, assicurando anche che le stesse continuino a funzionare anche sedanneggiate. Il documento stima che i benefici dell'adeguamento delle infrastrutture esistenti e la costruzione di nuove più resistenti ai #CambiamentiClimatici possono superare i costi di 4 volte. 

#DisasterRiskManagement
#CambiamentiClimatici si palesano sempre più spesso attraverso un incremento nell'intensità e nella frequenza di eventi catastrofici come uragani, alluvioni, ondate di calore e incendi, di fronte ai quali si rende necessario attuare delle misure organizzative volte a prevenire a proteggere e recuperare. Tali sforzi dovrebbero essere orientati a rendere adeguatamente preparate le persone in caso di pronta allerta prima che le catastrofi si verifichino. In tal senso la creazione e gestione di reti di sicurezza sociale e il miglioramenti nella #Pianificazione basata sulle previsioni possono aiutare anche ad accelerare il recupero dalle #Catastrofi quando colpiscono. Il Rapporto considera ad alto rendimento gli investimenti necessari all'attivazione di tali azioni organizzative in quanto possono ridurre drasticamente la perdita di vite umane.

Infine, il Rapporto, proponendo qualcosa che in questo blog era già stato formulato. chiarisce che sarà necessaria anche una seria politica di #Delocalizzazione di risorse e persone dalle aree a rischio basata su una #Pianificazione più attenta e migliore nonché su ipotesi e decisioni di investimento coerenti.

Gli autori riconoscono che sebbene le principali azioni proposte richiederanno del tempo per la piena attuazione, risulta essenziale che le stesse inizino immediatamente e con grande urgenza.

Per questo motivo, la Commissione ha deciso di dedicare 15 mesi per avviare le transizioni necessarie in accordo con le priorità e linee d'azione, impegno iniziato al Summit per il clima delle Nazioni Unite tenutosi a settembre 2019 e che continuerà al vertice sull'adattamento al clima nei Paesi Bassi nell'ottobre 2020 e al Vertice Internazionale COP26 previsto dal 9 al 19 Novembre 2020 a Glasgow.

L'obbiettivo ambizioso è di convincere gli attori più importati a integrare il #RischioClimatico in tutti gli aspetti della #PianificazioneEconomica e del #ProcessoDecisionale degli Stati nazionali, chiedendo al contempo aumenti significativi del volume dei finanziamenti devoluti e decentralizzati disponibili per i governi locali.

Ma siamo sicuri che i detentori dei Capitali in giro per il mondo stiano remando nella stessa direzione?

Stando a quanto contenuto in un altro Rapporto, "Banking on Climate Change. Fossil Fuel Finance Report 2020" la risposta è assolutamente no!


Il Rapporto, liberamente scaricabile e consultabile in forma interattiva on line, sostiene e mostra nel dettaglio che il sistema bancario globale continua a finanziare senza sosta l'industria dei combustibili fossili.

Scorrendo i dati è possibile verificare a partire da qualsiasi Azienda quale Banca o gruppo di Banche si celano tra i maggiori finanziatori, ma tra tutti gli indicatori quello che assume maggior valenza e significatività di tutti è il terzo, quello che esprime la tendenza delle Banche ad incrementare o diminuire il proprio contributo all'industria e dunque, di riflesso, quanto la singola Banca sta contribuendo in maniera negativa o positiva per il raggiungimento degli obbiettivi di diminuzione delle emissioni di CO2 secondo gli obbiettivi degli accordi di Parigi.

Secondo il Rapporto emergono tre elementi di fondamentale importanza:
  1. innanzitutto, JP Morgan Chase è la Banca che più di altri nel Pianeta e con numeri in aumento finanzia industrie del Carbone e Oil&Gas (seguita da altre Banche americane: Wells Fargo, Citi Bank, Bank of America. Il valore cumulato tra queste quattro banche equivale a circa 810 miliardi di dollari solo nel 2019)
  2. secondariamente, successivamente alla firma nel 2015 dell'accordo di Parigi, il valore cumulato del finanziamento all'industria dei combustibili fossili da parte delle 35 maggiori banche del mondo è pari a 2,7 trilioni di Dollari;
  3. infine, il trend di crescita di tali finanziamenti, messo in correlazione con la scarsa qualità delle politiche interne delle Banche, fa prevedere che dal 2030 il finanziamento potrebbe toccare la cifra record di 1 trilione di Dollari all'anno.

Incremento annuo del finanziamento all'Industria Oil&Gas da parte delle 35 maggiori Banche mondiali
Fonte: "Banking on Climate Change. Fossil Fuel Finance Report 2020, p.10

Ma se il maggior incremento in valore assoluto è ascrivibile alle banche nord americane e cinesi con rispettivamente 4 e 2 istituti di credito, contribuiscono anche la Gran Bretagna, la Francia e il Giappone, con un istituto di credito ciascuno.

Dunque la situazione in Europa, nonostante grandi strategie e politiche altisonanti, non è da meno.

La Francia, nel 2019, con la sua Société Générale, ha aumentato il suo finanziamento annuale in tutti i settori dei combustibili fossili, soprattutto nel fracking, diventando il più grande finanziatore europeo per il Gas Naturale Liquido (GNL) mentre BNP Paribas, contrariamente a quanto previsto da diverse politiche di restrizione è il più grande finanziatore del settore dei combustibili fossili con oltre il 56% di quote superiori a tutti gli altri finanziatori francesi.

Nel Regno Unito è Barclays a detenere la quota più alta di finanziamento del settore, circa 120 miliardi di Dollari, il 36% in più di tutti gli altri istituti europei. Nella classifica calcolata nel Rapporto, Barclays ha un punteggio relativo alla tendenza di disinvestimento di solo 13.5 punti su 200, la peggiore tra le banche britanniche e a livello mondiale.

In generale emerge un quadro nel quale, a parte il caso isolato di JP Morgan Chase, tutte le banche si stanno dotando di politiche interne di disinvestimento dai settori del Carbone e Oil&Gas, compresa la dannosissima industria del fracking, e tra le migliori, in una scala di duecento punti, si trovano, nonostante tutto, le seguenti banche europee: Crédit Agriole (Francia), RBS (Gran Bretagna), e UNICREDIT (Italia). Ma allo stesso tempo si registra una chiara divergenza tra intenti e operatività.

Un paesaggio desolante, ancor di più se si considerano i casi di studio presenti nel rapporto.


1 - Tar Sands: LINE 3 PIPELINE; 2 - Tar Sands: TECK’S FRONTIER MINE; 3 - Arctic: ARCTIC NATIONAL WILDLIFE REFUGE; 4 - Offshore: GUYANA; 5 - Fracking: WINK TO WEBSTER PIPELINE; 6 - Fracking: VACA MUERTA; 

7 - LNG: RIO GRANDE LNG, TEXAS LNG, AND ANNOVA LNG; 8 - Coal Mining: TURÓW MINE; 9 - Coal Power: PAYRA PORT; 10 - Expansion: AMAZON OIL; 11 - Climate Impact: MIAMI
Fonte: "Banking on Climate Change. Fossil Fuel Finance Report 2020, p.16,17
I siti riportati nella mappa sopra riportata, per i quali è possibile accedere anche a reportage completi sul sito dell'Organizzazione, sono solo alcuni dei luoghi nei quali i finanziamenti delle grandi banche creano impatti diretti ed irreversibili nei confronti delle comunità locali e degli ecosistemi.

Secondo gli autori del Rapporto le banche non sono responsabili solo degli impatti locali derivanti dai progetti da esse finanziati, ma supportando l'industria dei combustibili fossili sono direttamente responsabili dell'aumento del #RischioClimatico a danno delle comunità di tutto il pianeta. Studi recenti (“Unified Sea Level Rise Projection, Southeast Florida,” Southeast Florida Regional Climate Change Compact, Sea Level Rise Work Group, October 2015, p. 4) prevedono un innalzamento del livello medio del mare che va da un minimo di 36 ad un massimo di 66 cm per questa città.

Ma già da oggi queste comunità costiere sono soggette a continue e giornaliere inondazioni dovute all'ingressione delle acque marine e potrebbero trovarsi colpite economicamente perché sia le banche che le assicurazioni per proteggersi dalle perdite finanziare potrebbero negare mutui e assicurazioni sulle proprietà immobiliari.

Per ragionare più sullo specifico circa gli impatti rilevanti e manifesti di tale impegno finanziario da parte delle grandi Banche mondiali sulle aree urbane costiere è necessario porre l'attenzione sul pallino n.11 al quale corrisponde la Città di Miami della quale ho già scritto in passato.

Secondo gli autori del Rapporto le più grandi banche finanziatrici dell'industria dei combustibili fossili come JP Morgan Chase, Wells Fargo, e Citi si apprestano a colpire luoghi come Miami in due modi: prima di tutto supportando sempre più progetti legati allo sviluppo dell'industria fossile che determinano l'incremento del livello del mare e negando al contempo che tale fenomeno sia in atto e poi, sapendo bene che tale innalzamento del livello del mare è invece più che reale, sottraendosi dal fornire credito ed aiuti alle comunità colpite.

Il caso di Miami è l'emblema della sfida in atto che la #Pianificazione non può non raccogliere, soprattutto a livello locale

Già nel 2014 in un intervista al Guardian Philip Stoddard, per due volte Sindaco di South Miami e nella vita professionale professore di Biologia alla Florida International University, descriveva quanto segue:
 "Altri 30 centimetri di incremento del livello del mare saranno sufficienti affinché l'acqua salata si riversi all'interno delle condotte dei nostri acquedotti e del sistema fognario. Queste infrastrutture saranno perse quando questo accadrà. [...] Non saremo più in grado di scaricare le acque e non sgorgherà più acqua dolce dai rubinetti di casa. A quel punto ci renderemo conto di non poter più assicurare le nostre case contro le inondazioni. I valori dei terreni e delle case precipiteranno e le persone inizieranno a partire. Posti come South Miami non saranno più in grado di raccogliere tasse sufficienti per gestire i servizi. Dove troveremo i soldi per pagare la Polizia che ci protegge o i servizi antincendio per combattere gli incendi nelle nostre case? Ci sarà pressione sufficiente nelle loro lance? Tutto ciò evoca qualsiasi genere di scenario post-apocalittico. E questo solo per l'innalzamento del livello del mare di soli 30 centimetri."

Se quanto sopra non fosse sufficiente, nello stesso articolo Harold R. Wanless, Ph.D., Professore e Direttore del Dipartimento di Scienze Geologiche presso l'Università di Miami sottolineava che:

"Ogni giorno continuiamo a pompare nell'atmosfera una quantità incontrollata di gas serra rendendo più forte il mostro che ci divorerà. Stiamo scaldando l'atmosfera e gli oceani tanto da renderli capaci di espandersi e innalzare il proprio livello. E non sembra ci siano segnali di rallentamento in tutto questo. Le persone stanno pianificando di stabilirsi a Miami ma non vedono che cosa sta accadendo.[...] Per il sud della Florida il tempo è finito. [...] I prossimi 30 o 60 centimetri nell'innalzamento del livello del mare spazzerà quasi tutte le isole coralline del pianeta. Quando poi il livello raggiungerà dai 120 cm ai 180 cm, tutti i grandi delta dei fiumi nel mondo scompariranno e con essi le grandi estensioni di terreni agricoli che li circondano. La gente tiene ancora la testa sotto la sabbia per non vedere ciò che sta per accadere. Miami è solo l'inizio. Vale la pena osservarla solo per questo motivo. E' una delle maggiori città degli Stati Uniti e si sta lasciando sprofondare".

Sono passati 6 anni da allora e se la situazione continua a peggiorare sembra che le cinque linee di intervento prospettate dal Rapporto pubblicato dal Global Center on Adaptation (GCA) risultano centrate e in linea con quanto già messo in luce da anni da tutti gli studiosi tranne i negazionisti legati al settore dell'Economia e della Finanza Globale.

Alcune considerazioni conclusive

1) Non bastano politiche e strategie basate su buoni propositi se non si si ribaltano i valori in campo.

Come emerge dalla lettura dei due Rapporti analizzati, da una parte abbiamo i "buoni" e dall'altra abbiamo i "cattivi".

I buoni pensano di spendere 1.8 trilioni di Dollari in dieci anni sperando di riuscire a sostenere l'impatto dei danni creati dai cattivi facendo partecipare i privati con la previsione e dunque la semplice ipotesi che gli investimenti avranno un ritorno economico mediamente pari a 3,94 volte. La strategia di fondo sottesa dal Rapporto pubblicato dal Global Center on Adaptation (GCA) focalizza l'attenzione soprattutto a vantaggio di quelle popolazioni del sud del mondo che se messe in condizioni di rischio ulteriore potranno affiancarsi alla schiera dei migranti che dalla fine degli anni '80 premono alle frontiere dei Paesi più industrializzati.

I "cattivi" dal canto loro sperano poco e hanno agito molto spendendo 2,7 trilioni di Dollari in 4 anni per distruggere il pianeta e fare profitti. A parità di investimento, senza incrementi, farebbero 6,75 trilioni in 10 anni.

Purtroppo il Rapporto, "Banking on Climate Change. Fossil Fuel Finance Report 2020" ci conferma ancora una volta che quando il profitto sembra sicuro, pur se eticamente e moralmente azzardato, le banche intervengono con liquidità illimitata senza battere ciglio.

Nel caso specifico tra le industrie dei fossili più finanziate quella che si sta rivelando sia direttamente che indirettamente la più distruttiva è quella legata all'estrazione del greggio dagli strati scistosi del Permiano presenti soprattutto negli Stati Uniti.

Da tali giacimenti proviene una quantità immensa di Gas Naturale (Shale Gas) estratto mediante l'utilizzo del Fracking, termine inglese per indicare la tecnica di estrazione di gas naturale e petrolio tramite la fratturazione idraulica delle rocce di scisto. Questo gas viene successivamente compresso e liquefatto per poter essere trasportato sotto forma di Gas Naturale Liquefatto (GNL) in tutto il mondo.

La tecnica del Fracking, oltre a creare devastazioni ed effetti collaterali, come l'inquinamento irreversibile delle falde acquifere, terremoti e conseguenti crolli di abitazioni, con continui episodi di crolli di case anche a chilometri di distanza dai luoghi di estrazione, eccede quasi costantemente la capacità operativa degli impianti necessari alla compressione del Gas e al suo stoccaggio come Gas Naturale Liquefatto (GNL). 

Questo significa che l'eccesso di gas debba essere bruciato nelle torce degli impianti di estrazione (Flaring) per non fermare la produzione stessa. A tal proposito, un recente studio della Società di consulenza Rystad Energy ha messo in evidenza che la combinazione del Flaring insieme a quello delle perdite è del 30% superiore a quello precedentemente previsto e dichiarato nel solo bacino scistoso del Texas. Un altro studio pubblicato su Science Magazine nel 2018 stima tale percentuale addirittura intorno al 60%.

Le #EsternalitàNegative di questo tipo di estrazione sono difficili da stimare per la loro portata e capillarità, considerando che sono investite da contaminazione le falde acquifere e i terreni non più coltivabili, come pure le proprietà immobiliari sottoposte a crolli e inagibilità, per finire con il rilascio continuo deliberato e non di gas metano (CH4) nell'atmosfera.

Come già chiarito in un precedente articolo, una semplice molecola di CH4 rilasciata nell'atmosfera ha effetti climalteranti mediamente 28 volte superiori rispetto ad una singola molecola di CO2 rilasciata dalla combustione di qualunque combustibile fossile. Per farla ancora più semplice, si consideri che l'effetto serra dovuto al gas naturale comparato a quello del carbone in un periodo 20 anni ha un impatto superiore del 80% ed è attualmente responsabile per il 25% del riscaldamento globale.

Questa è la situazione attuale. 

Abbiamo dei cattivi armati di fucile e dei buoni con delle pistole scariche. 

Sarà sempre così? Sta a noi deciderlo. A volte l'uomo con la pistola può vincere se gioca d'astuzia e sa il fatto suo. 

Di sicuro possiamo dire che i Policy Makers sembrano essere tutti smemorati e a corto di idee progettuali visto che già nel 2006 (Greta Thundberg era appena nata) fu pubblicato il famoso Rapporto sul clima di Nicholas Stern e del quale si era occupato anche IlSole24Ore titolando "Rapporto shock: economia mondiale minacciata dai cambiamenti climatici".

Il Rapporto incentrato sul conto delle perdite economiche e finanziarie dovute ai #CambiamentiClimatici  in sintesi sosteneva che:
  • ad ogni tonnellata di CO2 emessa in atmosfera corrispondono almeno 85 Dollari di danni all'ambiente e alla salute (esternalità negative)
  • il costo per il taglio delle emissioni per raggiungere gli obbiettivi di mantenimento della CO2 in atmosfera tra le 500 e le 550 parti per milione equivarrebbero a meno di 25 Dollari per tonnellata di CO2 emessa;
  • far adottare al mondo un modello a basse emissioni di CO2, con l'eventuale istituzione di una Carbon Tax per tassare quei prodotto che richiedono una maggiore intensità di CO2 per essere prodotti, potrebbe generare un beneficio per l'economia quantificabile in 2,5 trilioni di Dollari l'anno; 
  • il costo di riduzione delle emissioni potrebbe essere limitato a intorno all'1% del PIL globale mentre il costo della inazione è stimato in almeno il 5% del PIL globale; ed inoltre, nel caso in cui i dati scientifici dovessero prospettare un quadro ancora più severo di quello noto al momento della stesura del Rapporto, il costo stimato per l'economia potrebbe superare il 20% del PIL mondiale.
Dunque, considerando quanto riportato all'ultimo punto, sapendo che il PIL globale nel 2019 è stato stimato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) in circa 90 Trilioni di Dollari, secondo le previsioni dell'economista britannico, i danni all'economia globale per la mancata riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera potrebbero essere attualmente quantificati in valore assoluto tra 4,5 Trilioni di Dollari e 18 Trilioni di Dollari.


Il punto di non ritorno è stato superato e, secondo le previsioni de Rapporto del Global Center on Adaptation (GCA), anche se dovessimo avere successo nel contrastare i cambiamenti climatici nei prossimi decenni, appare chiaro che l'innalzamento dei mari e l'intensificarsi del numero e della violenza degli uragani potrebbe indurre centinaia di milioni di persone ammassate nelle città e megalopoli costiere a lasciare le proprie case con un costo totale per le aree urbane costiere pari a più di 1000 Miliardi di dollari all'anno fino al 2050.

Intere aree urbane costiere saranno affette da erosione profonda con relativo impatto sulle maggiori infrastrutture industriali che vi sono localizzate. Proviamo a pensare alle raffinerie di petrolio, agli impianti di trattamenti dei rifiuti o alle stesse discariche sia regolari che abusive che raggiunte dal mare verrebbero interessati da processi di deperimento delle strutture o peggio collassi che  provocherebbero un inquinamento spaventoso immediato ed incontrollabile con ricadute sanitarie immediate.

Sono passati ulteriori 4 anni da allora e ed il copione è sempre lo stesso.
Profitto di pochi contro bene comune. 
Capacità decisionale e disponibilità finanziaria privata senza precedenti contro Istituzioni Pubbliche che per scelta scellerata si trovano svuotate di senso e di capacità di incidere sul futuro del proprio territorio per mancanza di fondi, mentre allo stesso tempo si avallavano complessi meccanismi di finanziarizzazione dei "Diritti di Emissione".

Cattivi con fucili carichi contro Buoni con pistole scariche.

Stati nazionali ed organismi sovraordinati come per esempio l'Unione Europea o le Nazioni Unite, insieme ad Agenzie governative sono coinvolti in una partita d'importanza vitale. Ma, allo stesso tempo, non sembrano essere in grado di modificare lessico e strategie legate ad un pensiero che difficilmente potrà essere libero di identificare soluzioni progettuali inedite contrarie agli interessi economici di pochissimi nei confronti di moltissimi.

Proprio in questi giorni l'Europa sta raggiungendo l'apice di quella crisi raccontata da Castells (2018) di straordinaria portata e che deve la sua severità al fatto che non si tratta si una singola crisi ma bensì da multiple crisi legate al sistema monetario dell'#Euro, alla crisi dei #Migranti, lo strappo della #Brexit alle quali si aggiunge in questi giorni la pandemia da #COVID-19.

Il risultato della sovrapposizione di tutte queste sollecitazioni è che ciascuna funge da rinforzo per l'altra creando una insieme cumulativo di sfide che minacciano la stessa sopravvivenza della #UnioneEuropea che, per la prima volta nella sua storia, rischia di vedere crollare l'intera impalcatura istituzionale possa crollare sotto gli ultimi colpi della sfiducia.

Come messo in evidenza da sociologi, economisti e scienziati politici provenienti da tutta Europa, tale sequela di crisi multiple, amplificatesi nell'ultimo decennio, deriva essenzialmente da difetti presenti nel processo di costruzione ossia le decisioni poste alla base della creazione dell'Unione Europea hanno create le condizioni per le crisi attuali.

Sul palcoscenico di Parigi, nel 2015, l'Europa insieme al resto del mondo, in nome della sopravvivenza dell'umanità e della natura, si è coalizzata contro un nemico implacabile, ma sempre e volutamente altro, senza volto, senza nome né cognome; dimenticando però che tali cambiamenti per larga parte sono il risultato diretto delle esternalità negative che il sistema produttivo economico e mondiale non si è mai voluto prendere in carico. Con il risultato dell'inquinamento massivo di terra, aria e acqua sfuggito totalmente al controllo così come i Capitali e i movimenti migratori di massa.

Una tragedia economica costruita sulla globalizzazione dei mercati finanziari i cui effetti, oggi sotto gli occhi di tutti, effetti ampiamente prevedibili utilizzando sia teorie e modelli provenienti dalla letteratura Economica che da quelli più recenti elaborati nell'ambito della Scienza delle Reti Complesse.

Le disuguaglianze tra i paesi occidentali e del sud del mondo sono frutto di scelte politiche ben precise spinte da teorie economiche fallimentari.

Non è possibile pensare che tali questioni possano essere risolte attraverso il mero #Adattamento ai #CambiamentiClimatici senza mettere in discussione teorie di politica economica di stampo liberista del tutto inadeguate ad uno sviluppo del genere umano pacifico e rispettoso dell'ambiente.

Da questo punto di vista è necessario ribaltare i valori rimettendo al centro del pensiero il benessere umano ed il rispetto dei sistemi naturali contro l'accaparramento selvaggio dei beni comuni, lasciando una volte per tutte la teoria per cui l'incremento del benessere di una Nazione è spigato dalla crescita economica illimitata basata sulla correlazione della crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) nazionale con l'#IntensitàEnergetica crescente della propria industria. 

2) Discutiamo pure sul fatto che "... le ultime pandemie sono state innescate più velocemente proprio dall’uomo" o a rifiutare l'idea che "...l'uomo c'entra veramente in questa epidemia" ma la verità è che "... pensiamo davvero di rimanere sani in un mondo malato..." e "...il rifiuto dei dati scientifici non aiuta a prevenire future epidemie" neppure quelle scientifico-ideologiche.

Le discussioni e le liti sono il pane della Scienza si sa. Molti di noi non solo sono abituati a scontri e confutazioni pesanti e pochi giorni fa, sulla rivista online ECONOPOLY, de il Sole24Ore si sono scontrati da una parte Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico e saggista, e Roberto Danovaro, Università Politecnica delle Marche e presidente del Comitato scientifico del Wwf Italia, e dall'altra parte Enrico Mariutti, ricercatore e analista in ambito economico ed energetico.

La "lite" a distanza inizia lo scorso 29 marzo quando è apparso un articolo di Enrico Mariutti in cui, in riferimento alla pandemia da Covid-19, l’autore affermava che non vi siano correlazioni scientificamente provate tra l’impatto dell’Uomo sull’ambiente e dunque i #CambiamentiClimatici e la serie delle epidemie tra cui ultima proprio quella da CoronaVirus.

Nel tentativo di argomentare la sua tesi, l'autore ha criticato pesantemente sia le posizioni espresse da Mario Tozzi in  un proprio altro articolo, di cui non veniva fornita la fonte, sia quanto affermato dal WWF nell'ultimo Rapporto dal titolo "Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi”.

Il 30 marzo, Mario Tozzi, risponde alla provocazione esordendo come segue:

"In un suo post qui su Econopoly Enrico Mariutti chiama in causa il sottoscritto (e il WWF) sostenendo che non ci sono legami fra le attività produttive dei sapiens e le pandemie degli ultimi decenni e che, anzi, il paradigma della “crescita economica infinita” è la soluzione ai problemi di salute dell’umanità. Ognuno può avere le sue opinioni, ma nessuno si può permettere, come fa Mariutti, di usare il termine “disonesto”, se non comprovato, riferendosi a quelle altrui. [...]"

Mariutti veniva chiamato in causa il 31 marzo anche da Roberto Danovaro come segue:

"Lo scorso 29 marzo il Sole24Ore ha pubblicato un articolo di Enrico Mariutti sul contagio da Covid-19 in cui l’Autore si domanda se l’impatto dell’Uomo sull’ambiente e i Cambiamenti Climatici abbiano effetto sulle epidemie che stiamo vivendo. L’Autore sostiene che quanto descritto dal Report WWF sia solo una teoria affascinante che però non trova riscontro nei dati, i quali anzi dimostrerebbero il contrario. Per confutarla propone un’analisi storica in cui racconta che nelle epoche antiche, quando gli ecosistemi non erano impattati dall’Uomo, la popolazione umana viveva meno a lungo. Ergo, la distruzione degli ecosistemi “ha coinciso con un notevole allungamento dell’aspettativa di vita e, di conseguenza, con un’impressionante crescita della popolazione mondiale”. E aggiunge: “Più aumenta l’impatto ambientale umano sull’ecosistema, più diminuisce l’incidenza delle malattie infettive sulla mortalità umana. Può essere difficile da digerire ma è così.” Questo ragionamento (sbagliato) sembra suggerire che la distruzione degli ecosistemi del pianeta abbia una correlazione positiva con l’aspettativa e la qualità della vita. Da ricercatore posso affermare che questa logica è priva di fondamento poiché confonde variabili che vengono messe in correlazione con rapporti causa-effetto. [..]".

Prima che i tre si scontrassero, un tal Bergoglio, il 27 Febbraio, aveva avuto modo di dire la sua in merito alla questione andando anche più nello specifico:


 "... siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato ...".

Ecco, io la penso come Tozzi, Danovaro e Bergoglio.

Credo anche che dovremmo avere raggiunto la maturità necessaria per ribaltare il rapporto di forza ormai invalso che vede l'Economia prevalere sempre sul resto delle #Scienze quando si tratta di individuare le #Politiche di #Sviluppo.

Possiamo paragonare la Scienza ad un Ring sul quale esseri umani armati della loro fallacia e vanità si scontrano per prevalere sui loro pari?

A cosa serve la parcellizzazione cartesiana dei campi della conoscenza se crea solo iperspecializzazione e conseguente perdita della visione del tutto e dunque impedendoci di portare a fattor comune gli avanzamenti e le scoperte per prendere decisioni consapevoli?

La Scienza fin dall'inizio è stata la luce che ci ha permesso di esplorare il mondo per provare a comprenderlo, ma ad un certo punto abbiamo deciso che sapevamo molto ma non tutto e che comunque ciò fosse sufficiente.

Da quel punto la Scienza stratificata ed indurita sembra essersi cristallizzata. Dal sapere consapevole siamo passati ad una sua rappresentazione e riproduzione dogmatica all'interno dei manuali. Questa Scienza manualistica è diventata a sua volta tecnologia e strumento di controllo e dominio a servizio dell'Industria.

Mi pare che non sia più la Scienza a progredire, ma solo il suo feticcio tecnologico che dopo aver preso vita ha conquistato anche una totale indipendenza e ora è fuori controllo.

Che ci piaccia o no sul Ring della Scienza si consuma un incontro/scontro tra culture, tra modi di vedere e descrivere il mondo condizionati dalla lingua e dalla provenienza dei contendenti, dal loro linguaggio e lessico disciplinare e dalle loro origini e storia personale.

Mi pare che la Scienza sia utile quando è capace di progredire all'interfaccia dei diversi campi del sapere, quando le conoscenze si incontrano e non si scontrano, facendo emergere nuovi livelli di comprensione che si trasformano in feedback positivi e nuove conquiste a vantaggio delle varie discipline e del mondo in generale.

In questo modo siamo capaci di creare pragmatici salti di paradigma grazie ai quali le idee e la conoscenza superano la semplice convergenza per transvergere ad un livello più alto.

Se vogliamo che la Scienza sia realmente strumento di elevazione del sapere per il bene comune e non per il predominio dell'interesse di pochi sul mondo altro; se vogliamo che la Scienza si riveli come strumento effettivo che permette di individuare ipotesi di soluzione praticabili per la #Mitigazione degli impatti dei #CambiamentiClimatici in corso ed il relativo #Adattamento ad essi delle #Attività e delle #Abitudini della specie umana che possano anche prevenire nuove e più pericolose #Pandemie, è necessario che sia le varie #DisciplineScientifiche che i #CentriDecisionali si configurino come #SistemiAperti capaci di dialogare tra loro.

Su queste grandi questioni non basta la #Passione e credere di essere nel giusto.
Serve riscoprire un senso di urgenza intellettuale che ci permetta di superare la falsa tolleranza, il relativismo spicciolo, il rifiuto postmoderno all'impegno, quel trionfo culturale dell'incertezza assurta a condanna ineludibile dell'umanità.

#Passione e al contempo di #Umiltà, #Collaborazione e #AllineamentoOrganizzativo, insieme al #Coraggio di tornare indietro rispetto a passi sbagliati fatti in passato, anche prossimo, sono precondizione per studiare ed attuare le mosse che con prove ed aggiustamenti successivi ci permetteranno di superare gli ostacoli.

Abbiamo bisogno di spazi mentali dove poter rendere permeabili le barriere epistemologiche 

Dunque tutti gli #Studiosi e #Professionisti sono chiamati ad impegnarsi maggiormente verso un approccio meno specialistico e più transvergente. Un approccio orientato alla costruzione di nuova conoscenza all'interno della quale le scienze naturali, la sociologia e le discipline pianificatorie e progettuali, insieme a quelle economiche, ridisegnino un nuovo spazio utile al supporto alla decisione necessario alla formazione delle politiche, rinunciando a voler prevalere le une sulle altre, anzi aprendosi alla contaminazione e alla buona gestione del pubblico interesse.

3) “Supereremo la pandemia da COVID-19, ma abbiamo davanti a noi crisi più gravi ..." e la Sardegna non può più sottrarsi dalla necessità di definire un chiaro #PianoStrategico per la #Mitigazione e l'#Adattamento ai #CambiamentiClimatici

Non vi è dubbio sul fatto che la pandemia sarà superata permanendo perlomeno il dubbio di come e quando. Tra le poche certezze ce ne sono almeno altre tre e cioè
  1. la crisi più grave in atto è quella climatica e in Europa non può essere affrontata con le divisioni economiche, ideologiche e politiche in atto; 
  2. l'industria dei combustibili fossili negli Stati Uniti si sta muovendo per continuare a realizzare i propri progetti finanziata dalle grandi banche sfruttando lo spazio operativo fornito inopinatamente dall'emergenza COVID-19;
  3. le strategie di adattamento formulate ai vari livelli, Unione Europea (SEACC approvata con COM(2013) 216 del 16.4.2013), Nazionale (SNACC approvata con Decreto Direttoriale MATTM/CLE del 16 giugno 2015, n. 86) e Regionale (SRACC approvata con DGR n.6/50 del 5 febbraio 2019) sono semplici canovacci sui quali è necessario lavorare per la definizione di reali #PianiStrategici locali per la #Mitigazione e l'#Adattamento ai #CambiamentiClimatici che stentano ad essere portati avanti. Solo l'Olanda in perfetta solitudine e con visione chiara sta operando avendo compreso che "meglio soli che male accompagnati" e "chi fa da se fa per tre".
Pur tagliando le emissioni di CO2 e anche se tutte le perdite di Gas Metano fossero eliminate, non possiamo fare a meno di un #PianoStrategico, un ventaglio di #Progetti e un'#Organizzazione deputata alla realizzazione degli stessi al fine della #Mitigazione degli effetti legati ai #CambiamentiClimatici e al conseguente #Adattamento di breve, medio e lungo periodo.

Si tratta di preservare le #Città, il #PatrimonioCulturale, #AssetImmobiliari e #AssetInfrastrutturali la cui perdita rappresenterà un colpo da cui una Regione come la Sardegna potrebbe non essere in grado di subire.

Gli attuali #SistemiUrbani e i #SistemiEconomici che ne rendono possibile l'esistenza vanno ripensati secondo una nuova prospettiva che ne riconosca la natura intrinseca di #SistemiAdattiviComplessi e secondo un preciso riferimento disciplinare quale può essere il #ProgettoAmbientale.

Solo per fare un esempio nel 2013 l'IPCC prevedeva, entro il 2100, un'innalzamento del livello medio del mare da un minimo di 53 cm ad un massimo di 97 cm a seconda del livello di concentrazione di gas serra in atmosfera. E comunque, anche riuscendo a raggiungere gli obbiettivi degli accordi di Parigi in termini di riduzione globale delle emissioni, lo studio prevede comunque un'innalzamento del livello medio del mare compreso tra i 28 cm e i 60 cm.

Già con questo scenario avremmo indicazioni sufficienti per comprendere che in regime dinamico di erosione costiera le Città costiere della Sardegna sono destinate a subire al minimo danni notevoli.

Altri studi, che ragionano mettendo in correlazione la concentrazione di gas serra in atmosfera e l'incremento previsto in temperatura con gli effetti sugli insediamenti costieri, ci permettono di fare degli esempi ancora più efficaci.

Come sappiamo, l'#AreaMetropolitanadiCagliari, nel sud della Sardegna, rappresenta l'agglomerato urbano più popolato e densamente punteggiato da #AssetImmobiliari, #AssetInfratrutturali e #AssetIndustriali di fondamentale valore.

Due studi scientifici, uno nord americano pubblicato nel 2007, recentemente aggiornato nel 2019, e uno pubblicato in Italia nel 2017, propongono scenari pressoché uguali al variare della temperatura media globale. Tali scenari prevedono una significativa ingressione marina in tutta l'area costiera andando ad interessare aree residenziali e l'intero comparto industriale di Macchiareddu, già individuato come Sito di Interesse Nazionale (SIN) per via del grado di inquinamento dello stesso




Fonte: Benjamin H. Strauss,  13508–13513, doi: 10.1073/pnas.1511186112 vol. 112 no. 44 (climatecentral.org)



Fonte: Benjamin H. Strauss,  13508–13513, doi: 10.1073/pnas.1511186112 vol. 112 no. 44 (climatecentral.org)


Gli eventi in atto fanno comprendere come gli scenari sopra riportati relativi al 2100 sono ormai completamente falsati dal fatto che l'aumento delle temperature medie si sta verificando molto più velocemente, e gli effetti collegati indicano che la soglia si è tremendamente avvicinata attestandosi al 2050 (come peraltro implicitamente e per certi versi esplicitamente indicato dal Rapporto dal titolo ADAPT NOW: A GLOBAL CALL FOR LEADERSHIP ON CLIMATE RESILIENCE discusso all'inizio).

L'anno appena trascorso è stato il più caldo in assoluto e le osservazioni satellitari hanno permesso di verificare che in Groenlandia sono state perse circa 600 miliardi di tonnellate di ghiaccio. Una quantità che è stato calcolato essere sufficiente ad incrementare di 2,2 mm il livello globale degli oceani in solo 2 mesi!

Di fronte a questi elementi possiamo di certo immaginare di promuovere tre macro-azioni parallele in un periodo di 5/20 anni che dovranno essere per forza a regia centrale:
  • Prima di tutto (5 anni), la rapida implementazione di un #ApproccioSistemico basato sul ricorso massiccio alle #EnergieRinnovabili, #SmartGrids e #ComunitàEnergetiche sui quali dovranno basarsi le #ProduzioniPrimarie (Agricoltura, Allevamento e Pesca) e i consumi energertici #Civili; mentre per i soli usi industriali e la produzione energetica centralizzata è opportuno "transitare" attraverso il GNL fino a quando non saranno disponibili tecnologie affidabili basate sull'idrogeno;
  • Secondariamente (5/10 anni) trasformazione dell'attuale paradigma di #GestioneDeiRifiuti in base a quello della #EconomiaCircolare con la conseguente valorizzazione locale delle #MaterirePrimeSecondarie; chiusura, messa in sicurezza e rilocalizzazione delle #Discariche operative ubicate in territori costieri soggetti a fenomeni di erosione marina o di trascinamento per effetto di alluvioni che disperderebbero percolato e rifiuti senza controllo nel territorio; 
  • Infine (5/20 anni), un programma di #AnalisiSpaziale relativa alle #RetiInfrastrutturali e e #Rilocalizzazione degli #ImpiantiIndustriali con priorità massima per i #Potabilizzatori e #Depuratori delle acque sia urbane che industriali, delle #PopolazioniCostiere e degli #EdificiPubblici strategici ubicati in territori costieri e/o soggetti a fenomeni di erosione marina o di trascinamento per effetto di alluvioni, laddove non fosse possibile o economicamente sostenibile la difesa.
È una questione di giustizia e di rispetto per la vita e, se non fosse chiaro, anche una questione di molto danaro le cui perdite potrebbero generare effetti neanche immaginabili dal punto di vista sociale.

Come è stato dimostrato, con il caso di Miami, anche il ricco opulento occidente sta subendo da tempo i danni.

Non agire o farlo in ritardo significa aver dato peso allo scientismo di comodo ignorando il principio precauzionale suggerito dalla vera #Scienza e che dobbiamo prepararci a una escalation di danni e perdite senza precedenti.

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